Tutti i prodotti in vendita vengono da materie prime
coltivate esclusivamente nella nostra azienda agricola biologica
azienda agricola biologica bologna

Cosa produciamo

Frutta e verdura di stagione

  • Piselli, fave, fagioli
  • Zucchine, pomodori, fagiolini, melanzane, peperoni, sedani, lattughe, carote, asparagi, radicchi, cavoli, bietole, verze, cetrioli, finocchi, peperoncini
  • Cocomere, meloni, nespole, fichi, fragole
  • Rosmarino, aromatiche varie

Seminativo

  • Frumento tenero antico, frumento duro, farro, mais
  • Sorgo, miglio, soia
  • Pisello verde alimentare, ceci
  • Girasoli, erba medica

Prodotti trasformati

L'azienda oggi

Siamo un’azienda agricola biologica che si estende su venticinque ettari coltivati prevalentemente a cereali, grani duri e teneri di varietà antiche, farro, leguminose ed altri prodotti in parte utilizzati per la realizzazione di farine e semolati di vario tipo adatti alla panificazione e pastificazione. Su una piccola parte dell’azienda sono coltivate le principali orticole di stagione, frutta e verdura biologica coltivata sia in campo aperto che in tunnel. Tutte le coltivazioni vengono eseguite seguendo secondo i principi della rotazione agraria. Le serre (mobili e non riscaldate) vengono scoperte nel periodo invernale e ogni tre/quattro anni spostate su terreni precedentemente coltivati ad estensivo. Le coperture aiutano a proteggere gli ortaggi da eventi atmosferici estremi come gelo, grandine, neve, caldo eccessivo e consentono una presenza di ortaggi più continua e variegata nei mercati.
Coltiviamo secondo il principio di un’agricoltura biologica e naturale, rispettosa dell’ambiente e della salute di tutti noi.

Coltiviamo secondo il principio di un'agricoltura naturale, rispettosa dell'ambiente e della salute di tutti noi.

Un poco di storia, se volete

La storia della nostra azienda agricola biologica è comune a tante realtà del bolognese.
Siamo alla fine del 1800 e nella fertile pianura padana la forma tipica di conduzione dei terreni è la mezzadria: famiglie numerose che lavorano le terre padronali a cui due conflitti mondiali sottraggono braccia alla quotidiana fatica cui tutti sono chiamati, bambini compresi. Ricordo con grande affetto i Natali in cui i mie zii raccontavano e ridevano della loro infanzia: chi, nel cuore della notte, andava col babbo a guardia del cavallo che trainava il carro con le poche verdure perché non mangiasse quelle del carro avanti, chi doveva accudire gli animali nella stalla, chi mungerli…
Dopo a scuola, di corsa, a piedi.

Mi piace ripensare che nella grande casa in cui sono nata vivevano sette famiglie: i miei nonni, i miei genitori, i miei zii e tanti, tantissimi bambini, i miei cugini.
Il nonno teneva la contabilità, la nonna aveva la gestione della dispensa, mentre i figli e le nuore lavoravano tutti insieme nei campi. La gestione delle faccende domestiche di tutta la comunità (pulire casa, preparare i pasti, lavare la biancheria, accudire i bambini) erano affidate a turni settimanali alle donne della famiglia, eccezion fatta per la nonna.

Questa rigorosa organizzazione ha tenuto unite le forze lavoro occupandole dapprima in coltivazioni di tipo estensivo, come la canapa, il grano e la barbabietola da zucchero, poi, successivamente, grazie alle prime raccolte meccanizzate ed al crollo del prezzo dell canapa, in colture sempre più specializzate come quelle ortofrutticole.

L’apertura del grande mercato ortofrutticolo di via Fioravanti (Bologna, 1939) è stata indubbiamente un grande volano di crescita per tantissime casate di agricoltori, le quali hanno potuto iniziare ad utilizzarlo come luogo di distribuzione di prodotti agricoli per la città per il dettaglio, il paese e perfino per l’estero verso la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, attraverso la formula della “piccola proprietà contadina“, ciascuno dei nostri nuclei familiari lavorava il proprio fondo ed abitava la propria casa costruita sullo stesso. Io, insieme con la mia famiglia e i miei nonni, ho avuto e tutt’ora ho il privilegio di vivere e coltivare il fondo dove ancora resiste la grande casa, vuota ma ricca di ricordi.

Leggi: “Tradizioni Emiliano-romagnole…”

La storia della nostra azienda agricola biologica è comune a tante realtà del bolognese.
Siamo alla fine del 1800 e nella fertile pianura padana la forma tipica di conduzione dei terreni è la mezzadria: famiglie numerose che lavorano le terre padronali a cui due conflitti mondiali sottraggono braccia alla quotidiana fatica cui tutti sono chiamati, bambini compresi. Ricordo con grande affetto i Natali in cui i mie zii raccontavano e ridevano della loro infanzia: chi, nel cuore della notte, andava col babbo a guardia del cavallo che trainava il carro con le poche verdure perchè non mangiasse quelle del carro avanti, chi doveva accudire gli animali nella stalla, chi mungerli…
Dopo a scuola, di corsa, a piedi.

Mi piace ripensare che nella grande casa in cui sono nata vivevano sette famiglie: i miei nonni, i miei genitori, i miei zii e tanti, tantissimi bambini, i miei cugini.
Il nonno teneva la contabilità, la nonna aveva la gestione della dispensa, mentre i figli e le nuore lavoravano tutti insieme nei campi. La gestione delle faccende domestiche di tutta la comunità (pulire casa, preparare i pasti, lavare la biancheria, accudire i bambini) erano affidate a turni settimanali alle donne della famiglia, eccezion fatta per la nonna.

Questa rigorosa organizziazione ha tenuto unite le forze lavoro occupandole dapprima in coltivazioni di tipo estensivo, come la canapa, il grano e la barbaietola da zucchero, poi, successivamente, grazie alle prime raccolte meccanizzate ed al crollo del prezzo dell canapa, in colture sempre più specializzate come quelle ortofrutticole.

L’apertura del grande mercato ortofrutticolo di via Fioravanti (Bologna, 1939) è stata indubbiamente un grande volano di crescita per tantissime casate di agricoltori, le quali hanno potuto iniziare ad utilizzarlo come luogo di distribuzione di prodotti agricoli per la città per il dettaglio, il paese e perfino per l’estero verso la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, attraverso la formula della “piccola propietà contadina“, ciascuno dei nostri nuclei familiari lavorava il proprio fondo ed abitava la propria casa costruita sullo stesso. Io, insieme con la mia famiglia e i miei nonni, ho avuto e tutt’ora ho il privilegio di vivere e coltivare il fondo dove ancora resiste la grande casa, vuota ma ricca di ricordi.

Leggi: “Tradizioni Emiliano-romagnole…”